La curiosità, unita a una certa dose d’immancabile narcisismo e diffidenza (nonché il basso costo) mi hanno indotto a cadere in tentazione: ho comprato
ScrivereEro
molto diffidente perché è palese che questo settimanale in fascicoli, edito da Fabbri Editori, è stato
creato sulla scia di Masterpiece, e avevo il terrore che, comprandolo, l’altra metà di italiani che ancora non si era cimentata nella scrittura avesse improvvisamente un temibilissimo afflato mistico.
Il primo volume (non ridete quando lo comprerete: è minuscolo) è diviso in due lezioni e un approfondimento sul genere del racconto breve.
La prima lezione è incentrata sull’incipit, giustamente.
I preamboli sono molti, e la nostra Cassiopea sarebbe al colmo della felicità se li leggesse: innanzitutto si pone moltissimo l’accento sulla tecnica dello
SDT (Show Don’t Tell) che abbiamo esaminato
qua. Sono molto soddisfatta di questa scelta, perché chiunque, dilettante o professionista, se vuole cominciare a buttare giù una storia deve capire sin da subito quali siano i suoi limiti, in modo da non cimentarsi con uno stile noioso e sgradevole, che alla lunga diventerebbe difficile abbandonare.
Altri preamboli sono l’
importanza di coinvolgere il lettore (potrà sembrarvi banale, ma non lo è: il 90% degli scrittori in erba, e purtroppo non solo quelli, ci tiene particolarmente a mettere su carta le proprie pippe mentali, e si lamenta pure se nessuno se le fila); l’
importanza vitale di saper leggere, dissezionando ogni testo alla ricerca di nuovi stili e nuovi stratagemmi cui attingere (i libri d’oggi nascono da menti vergini di lettura, dunque anche questo accento mi sembra tutt’altro che inutile); una sosta sull’allegoria, che rafforza il rapporto attivo scrittore-lettore; si ribadiscono più volte le
domande essenziali da porsi prima di mettersi a scrivere qualsiasi cosa, prima di tutte
perché. Dopo tutto ciò si esaminano dei testi, che costituiscono gli
esempi che seguono la teoria: metodo seguito in tutto il volume e, a mio avviso, molto efficace. Mettere poi il tutto in pratica, con gli esercizi a fine lezione, è un altro paio di maniche.
A questo punto cominciano le danze nel magico mondo dell’
incipit, crisi di ogni scrittore e momento cruciale che ne segna irrevocabilmente il destino: i suggerimenti si basano più che altro sulle
tecniche più “commerciali”, come l’attacco
in medias res, oppure con pronomi che invogliano il lettore a continuare per capire (scelta che non condivido: io voglio essere intrigata, non confusa). In ogni caso si tiene a sottolineare che il coinvolgimento emotivo del lettore è il
focus della prima fatica, e si suggerisce anche qualche trucchetto per cominciare. Ancora una volta la teoria è accompagnata da esempi testuali commentati.
Io ho deciso che proverò a seguire il verbo: se poi l’incipit del mio libro sarà orrendo, saprete di chi (anzi, di che cosa) è la colpa.
Prima di passare alla lezione 2, vorrei sottolineare che questi fascicoli sono destinati a scrittori come noi, self made, ma anche a professionisti come i giornalisti, e ai
principianti: ecco perché alcuni punti potranno sembrarvi banali, e invece sarà su questi che dovrete concentrarvi di più, perché spesso li sa dà un po’ troppo per scontati.
L’attesa
lezione 2 è invece dedicata alla
trama, che deve imperniarsi su un filo conduttore unico, su cui si possa rilevare una tensione sempre crescente, che poi si scioglie più velocemente di quanto non si sia accumulata (a mio avviso, invece, può anche non sciogliersi e lasciare il lettore abbattuto e pensieroso: questi sono i libri che lasciano il segno). La
prima parte, che culmina con l’analisi dei primi versi dell’Odissea, ripetono e approfondiscono certi aspetti della prima lezione, perciò passerò alla
successiva, che mi è piaciuta
particolarmente: all’aspirante scrittore si inculca in tutti i modi l‘
imprescindibile coerenza interna del testo (che, aggiungo io, non può permettersi
buchi logici e
deus ex machina miracolosi, stupidi espedienti da situazione disperata)
né tantomeno
descrizioni meticolose (anche qui aggiungiamo noi: dato che un minimo devono esserci, prediligete quelle
dinamiche; e, soprattutto, se il vostro libro/racconto/novella/ quel-che-è comincia con la descrizione analitica di un personaggio, stracciate tutto e non inseritela mai più). Ancora, il fascicolo sottolinea che da
evitare come la peste vi sono le
divagazioni, anche quelle che vi possono sembrare importanti perché esprimono convinzioni che avete maturato nel corso della vostra vita:
se non c’entrano niente con la storia, scrivetele nel vostro blog o su facebook, ma non nel vostro romanzo. Last but not least, si spiega quanto sia
fragile il
rapporto lettore-scrittore, specie se quest’ultimo perde credibilità per un nonnulla: una svista, un’ambientazione che non si conosce bene, la pigrizia possono compromettere dettagli che agli occhi dei più attenti (e quindi la critica che vi immortalerà) non sfuggiranno di certo. Ignoro il ditino invisibile che mi sento puntato addosso e proseguo.
Si conclude con un
accenno alle tecniche, già più avanzate e che ovviamente i principianti vorranno subito provare,
dell’anticipazione e della digressione: elogiate e spiegate con esempi, io avrei insistito molto di più sulla loro pericolosità. Sono
armi a doppio taglio, che spesso per esibizionismo o stupidità rovinano un sacco di storie, anche interessanti.
Tutto sommato non ho trovato i miliardi di difetti che mi sarei aspettata: è verissimo che molti stratagemmi suggeriti sono poi quelli che più vanno di moda, e quindi nei prossimi anni si rischia di vederli dominare il mondo della scrittura creativa, ma un novellino deve pur sapere da dove cominciare.
Deve anche sapere che la prima impressione è sbagliata: quando l’ho comprato ho pensato “ma che sottile! Fra un’ora l’avrò già finito!”, e invece è bene leggerlo a piccole dosi, come un testo scolastico, se si vuole capire bene cosa c’è da imparare e in che modo si può revisionare ciò che si è già scritto.
(le 900 e passa pagine che ho alle spalle, fra romanzi, racconti e romanzetti, si sganasciano dalle risate)
Adesso, però, passiamo alle
critiche: innanzitutto il
costo, che dalla terza uscita salirà alla bellezza di 7,99 euro per un libriccino (quindi, se v'intriga, approfittate delle prime due), ma anche il fatto che
molti argomenti sono accennati e trattati con brevi pennellate, perché approfonditi in altri volumi. Secondo me si rischia un (bel) po’ di confusione e la difficoltà a orientarsi, specie per chi l’ha comprato per curiosità e vorrebbe che fosse il suo faro nell’insidioso mare nero delle lettere.
Un altro problema è che questi volumetti si dichiarano rivolti soltanto a chi ha qualcosa da scrivere, ma
non si scoraggia nessun genere: è implicita la critica all’autobiografia, ma solo se non cattura e ammalia il lettore. Invece l’autobiografia, così come il romanzetto d’amore, andrebbero messi letterariamente al rogo, perché di vedere gli scaffali e i computer pieni delle vostre vite agognate e mai vissute, oppure ingigantite soltanto per farvi fighi,
non ne possiamo veramente più!
Rivolgersi allo scrittore medio-basso, cioè il vostro vicino di casa o il truzzo che smanetta tunz tunz sotto il vostro balcone, non autorizza affatto a chiudere un occhio su certi orrori letterari: insegnare le tecniche e educare alla coerenza va benissimo, però
bisogna anche ribadire con forza, gridare e straripetere che fare lo scrittore è qualcosa di più del significato da dizionario (colui che scrive), ma è anche un elevarsi al di sopra della massa di robaccia dal basso profilo commerciale. Altrimenti, se continuiamo a designare con lo stesso titolo Volo, Moccia, Eco e Morante, continuare a lamentarsi servirà a ben poco.
Bene, direi che per la prima parte di questa recensione ho detto abbastanza. Nella seconda parlerò dell'apporofondimento sul racconto breve, il genere che più è alla portata di tutti. Alla prossima!
P.s. apprezzatissimo riferimento bibliografico a Tolkien.
[Modificato da Ink Maiden 02/01/2014 16:08]